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La Psicotraumatologia Relazionale e la Rotta di Collusione

26/06/2025 12:08

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La Psicotraumatologia Relazionale e la Rotta di Collusione

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Il Centro Italiano di Psicotraumatologia Relazionale (CIPR), secondo il modello dell'AIPC, si fonda sulla comprensione che il trauma non è un evento isolato, ma una frattura che si inscrive profondamente nell'esperienza relazionale dell'individuo. I traumi precoci, in particolare, modellano le nostre aspettative, i nostri schemi di attaccamento e le nostre strategie di coping, influenzando profondamente le interazioni future.

 

Quando due individui traumatizzati si incontrano, avviene spesso un riconoscimento implicito dei rispettivi vuoti e bisogni. Questa risonanza, lungi dall'essere una sana attrazione, è spesso un richiamo verso la riedizione di dinamiche traumatiche. La "rotta di collusione" si manifesta attraverso diversi meccanismi:

  • Complementarietà disfunzionale: Le ferite di uno si incastrano perfettamente nelle ferite dell'altro. Ad esempio, un individuo con un trauma di abbandono potrebbe essere attratto da qualcuno con un trauma di controllo, alimentando un ciclo di dipendenza e frustrazione reciproca.
  • Co-regolazione disfunzionale: Invece di promuovere una crescita sana, la relazione diventa un sistema di co-regolazione che mantiene entrambi gli individui bloccati nelle loro dinamiche traumatiche. Si crea un equilibrio instabile dove il dolore dell'uno "appaga" inconsciamente un bisogno nell'altro (es. bisogno di essere salvatore, bisogno di subire, ecc.).
  • Ripetizione coatta: Le dinamiche relazionali disfunzionali si ripetono in un tentativo, inconscio e vano, di riparare il trauma originario. Tuttavia, senza una consapevolezza e un intervento terapeutico, queste ripetizioni portano solo a un approfondimento del dolore.
  • Confine indistinto: In una rotta di collusione, i confini personali diventano labili. Le emozioni e i bisogni dell'uno si fondono con quelli dell'altro, rendendo difficile distinguere la propria individualità e il proprio percorso di guarigione.

 

La mancanza di un "comandante in plancia" in questo contesto si traduce nell'assenza di una consapevolezza critica e di una capacità di autoregolazione emotiva. I due individui, pur desiderando forse una connessione autentica, sono guidati da copioni inconsci e meccanismi di difesa che li spingono verso un inevitabile scontro o, più spesso, una paralisi relazionale.

 

Due Casi di Studio dal CIPR (Modello AIPC)

 

Marco e il "Salvatore Silenzioso"

Marco, 38 anni, si presenta al CIPR con sintomi di ansia generalizzata e difficoltà relazionali. Racconta di una relazione turbolenta con la sua partner, Elisa, caratterizzata da frequenti litigi e una sensazione di "soffocamento" reciproco. Dalla storia di Marco emerge un trauma infantile legato a un padre assente emotivamente e una madre iperprotettiva e ansiosa. Marco ha sviluppato un modello di attaccamento ambivalente, imparando a sopprimere i propri bisogni per "salvare" gli altri dalla loro sofferenza.

Elisa, a sua volta, era cresciuta in un ambiente familiare disorganizzato, con una madre con problemi di dipendenza e un padre critico. Aveva sviluppato un modello di attaccamento disorganizzato, caratterizzato da un forte bisogno di controllo e una paura profonda dell'abbandono.

 

La rotta di collusione tra Marco ed Elisa era evidente: Marco, nel tentativo di appagare il proprio bisogno inconscio di "essere utile" e "salvare", si assumeva tutte le responsabilità emotive di Elisa, cercando di placare le sue ansie e di controllare il suo dolore. Elisa, a sua volta, trovava in Marco una figura apparentemente stabile su cui proiettare i propri bisogni di dipendenza e controllo, ma al contempo lo svalutava per la sua apparente debolezza emotiva. Non c'era un "comandante" (consapevolezza) che permettesse loro di riconoscere il pattern. La loro interazione era un ciclo di "salvataggio" seguito da risentimento e scoppi di rabbia, con Marco che si sentiva sempre più esausto ed Elisa sempre più insicura. Il trattamento al CIPR si è concentrato sull'identificazione dei traumi primari di Marco e Elisa, sulla decostruzione dei loro copioni relazionali disfunzionali e sulla riattivazione delle loro capacità di autoregolazione e di negoziazione dei confini, portandoli a costruire una relazione basata su reciprocità e rispetto, non sulla complementarietà del trauma.

 

Sofia e la "Martire Silenziosa"

Sofia, 45 anni, è una donna che si è sempre definita "la roccia" della sua famiglia, ma che arriva al CIPR esausta e depressa. Ha dedicato la sua vita alla cura della madre anziana e malata, ignorando i propri bisogni e le proprie aspirazioni. Dalla sua anamnesi emerge un trauma legato alla perdita precoce del padre e la conseguente assunzione di un ruolo genitoriale nei confronti della madre, che, a sua volta, era stata fortemente dipendente e incapace di gestire le proprie emozioni. Sofia aveva sviluppato un modello di attaccamento evitante/invischiato, imparando che per essere amata doveva essere "utile" e "sacrificarsi".

La madre di Sofia, d'altra parte, aveva vissuto un trauma di abbandono nella sua infanzia, sviluppando un bisogno incessante di attenzioni e un senso di impotenza appresa.

 

La rotta di collusione tra Sofia e sua madre era un esempio classico di dinamica simbiotica patologica. Sofia si sentiva in colpa se non "salvava" la madre, e la madre, pur lamentandosi delle restrizioni imposte dalla malattia, manteneva inconsciamente un ruolo che le garantiva l'attenzione e la cura di Sofia. Non c'era un "comandante" (consapevolezza) che permettesse loro di distinguere i bisogni reali dalle proiezioni traumatiche. Sofia era intrappolata nel ruolo della "martire silenziosa", mentre la madre, pur non volendo, perpetuava la sua dipendenza. Il percorso terapeutico di Sofia al CIPR ha permesso di riconoscere il trauma della perdita e il ruolo assunto precocemente, lavorando sulla differenziazione dei sé e sulla capacità di stabilire confini sani. Questo ha permesso a Sofia di iniziare a esplorare i propri desideri e di delegare parte delle cure della madre, senza sentirsi in colpa, aprendo la strada a una maggiore autonomia e benessere per entrambe.

 

In sintesi, la metafora delle navi senza comandante in plancia ci ricorda che, senza una profonda consapevolezza dei nostri copioni traumatici e delle dinamiche relazionali che ne derivano, rischiamo di navigare in rotta di collisione, creando sofferenza per noi stessi e per gli altri. La psicotraumatologia relazionale, attraverso modelli come quello del CIPR, offre una bussola e una rotta per navigare verso una maggiore integrità e relazioni autentiche e appaganti.

 

Hai Riconosciuto una "Rotta di Collusione" nella Tua Vita?

Le dinamiche complesse che abbiamo descritto, spesso radicate in traumi del passato, possono rendere le relazioni un terreno di sofferenza anziché di crescita. Se leggendo queste righe hai sentito una risonanza, se la metafora delle navi senza comandante in plancia ti ha parlato, o se hai intuito che la tua storia o le tue relazioni potrebbero essere influenzate da queste dinamiche, non sei solo/a.

 

I professionisti volontari del Centro Italiano di Psicotraumatologia Relazionale (CIPR - AIPC) delle sedi di Pescara e Roma  sono qui per offrirti un supporto competente e accogliente. Attraverso percorsi specifici basati sulla psicotraumatologia relazionale, potrai iniziare un viaggio di consapevolezza e guarigione. Imparerai a riconoscere i tuoi schemi, a ripristinare confini sani e a costruire relazioni più autentiche e appaganti.

Non lasciare che il passato determini il tuo futuro relazionale. Contattaci: un primo passo verso la consapevolezza può cambiare la rotta della tua vita.

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