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La Psicogeografia del trauma: mappare per guarire

18/09/2025 16:47

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La Psicogeografia del trauma: mappare per guarire

L'ambiente in cui ci muoviamo è una proiezione dinamica della nostra "geografia interiore", una topografia dell'anima modellata dalle nostre relazioni e storie.

La Psicogeografia del trauma: mappare per guarire

 

Introduzione: geografie esterne, geografie interiori

La nostra esperienza dello spazio non è mai un atto neutro. L'ambiente in cui ci muoviamo è una proiezione dinamica della nostra "geografia interiore", una topografia dell'anima modellata dalle nostre relazioni e storie personali. Questo report esplora il nesso profondo tra due discipline apparentemente distinte: la psicogeografia, definita come lo studio degli effetti dell'ambiente sul nostro comportamento affettivo, e la psicotraumatologia relazionale, che analizza le ferite psichiche originate all'interno delle relazioni di attaccamento fondamentali.  

La psicogeografia, nata in seno al movimento situazionista di Guy Debord, ci insegna a distinguere tra lo spazio oggettivo delle mappe tradizionali e lo spazio soggettivo, emotivo, che viviamo quotidianamente. Attraverso pratiche come la  dérive – un vagare esplorativo e consapevole per la città – essa svela le "atmosfere" emotive dei luoghi, creando mappe che non descrivono distanze metriche, ma connessioni e barriere psicologiche. Parallelamente, la psicotraumatologia relazionale ci mostra come le esperienze traumatiche precoci, specialmente quelle che avvengono in un contesto di attaccamento disorganizzato, non creino semplici "brutti ricordi", ma plasmino l'intera architettura della percezione. Come dimostrato da autori come Bessel van der Kolk, il trauma non viene immagazzinato come una storia, ma si imprime nel corpo sotto forma di memoria somatica, un insieme di frammenti sensoriali, emotivi e motori pronti a riattivarsi.  

La tesi centrale di questo lavoro è che lo spazio vissuto dal sopravvissuto a un trauma relazionale diventa un testo da decifrare, una mappa che rivela i confini, le barriere e le zone di pericolo del suo mondo interno. Gli strumenti della psicogeografia, quindi, possono diventare un potente mezzo clinico per comprendere e trattare la geografia interiore della sofferenza.

 

Ascolta il podcast sul Canale AIPC Editore su Spotify MENTE|CRIMINE|TRAUMA La Psicogeografia del trauma: mappare per guarire” clicca sul link: https://open.spotify.com/episode/3P47qne8eP2u1iucOyP1v0?si=FJqFLtaATw6B9ZCUb2JA-g

 

La geografia del sopravvissuto: spazio traumatico e mappe di evitamento

Per chi ha una storia di trauma, la "geografia interiore" – caratterizzata da stati del Sé dissociati, memorie somatiche non elaborate e un sistema nervoso cronicamente disregolato – viene costantemente proiettata sul mondo esterno. L'ambiente fisico cessa di essere un palcoscenico neutro e si trasforma in una mappa attiva di trigger traumatici. La percezione dell'atmosfera di un luogo non è più una questione estetica, ma una funzione di sopravvivenza, mediata da un processo inconscio di valutazione del rischio che Stephen Porges ha definito neurocezione.  

Un corridoio stretto, un odore particolare, un tono di voce possono riattivare istantaneamente la memoria somatica del trauma, innescando nel corpo risposte di lotta, fuga o congelamento. Lo spazio, quindi, non "ricorda" il trauma, ma lo riattualizza nel qui e ora. Di conseguenza, il modo di muoversi nel mondo del sopravvissuto non è la dérive libera e curiosa dei situazionisti, ma una "anti-dérive": un movimento rigido, controllato e ripetitivo, il cui unico scopo è l'evitamento sistematico dei pericoli, reali o percepiti.  

La sua mappa mentale è una mappa di minaccia, costellata di "no-go zones" e barriere invisibili. I pochi luoghi percepiti come sicuri sono isole isolate, separate da vasti oceani di ansia e vuoto dissociativo. Questa geografia esterna, frammentata e polarizzata tra minaccia e rara sicurezza, rispecchia fedelmente la struttura dissociata del Sé descritta da Giovanni Liotti, dove parti emotive ancorate al trauma coesistono senza integrarsi con parti apparentemente normali.  

 

La dérive terapeutica: riconquistare lo spazio per guarire il sé

Se il trauma si manifesta nello spazio, anche la guarigione deve essere un processo spaziale e incarnato. Da qui nasce la proposta di una "dérive terapeutica", un'esplorazione guidata e consapevole dello spazio, condotta all'interno della cornice sicura della relazione terapeutica. A differenza dell'esposizione forzata, che rischierebbe di essere ri-traumatizzante, l'obiettivo è un ri-apprendimento somatico della sicurezza, fondato sui principi di terapie bottom-up come la Psicoterapia Sensomotoria di Pat Ogden.  

Mentre si muove in uno spazio precedentemente "tossico", il paziente viene guidato a portare l'attenzione al corpo: alle sensazioni, alla postura, al respiro. Attraverso micro-esperimenti somatici – come spingere contro un muro per sentire la propria forza o trovare un punto di osservazione sicuro – è possibile creare nuove esperienze corporee di agentività e calma proprio nei luoghi prima associati al pericolo. Questo processo permette di sovrascrivere le vecchie memorie somatiche di minaccia con nuove memorie di competenza e padronanza, riscrivendo la propria mappa emotiva non a tavolino, ma con il corpo intero.  

 

Conclusioni: mappare per guarire

L'integrazione tra psicogeografia e psicotraumatologia relazionale rivela che la nostra esperienza dello spazio è inestricabilmente legata alla nostra storia. Comprendere la mappa emotiva del mondo di un individuo è un passo fondamentale per comprendere la natura incarnata e spazializzata del suo trauma.

Questo approccio offre strumenti clinici concreti, come la creazione di mappe psicogeografiche da parte dei pazienti per esternalizzare la loro geografia interna, rendendola un oggetto tangibile su cui lavorare in terapia. Inoltre, fornisce una lente per arricchire terapie consolidate come l'EMDR o la Psicoterapia Sensomotoria e ispira la progettazione di spazi pubblici e clinici trauma-informed, ovvero consapevoli del trauma e progettati per promuovere un senso di sicurezza.  

In definitiva, la guarigione dal trauma relazionale non è solo un processo intrapsichico, ma anche una "riconquista territoriale" nel presente. Implica la possibilità di rinegoziare i propri confini, abbattere le barriere invisibili e riconquistare la libertà di muoversi nel mondo con sicurezza e curiosità. Guarire è la libertà di poter finalmente "derivare", perché il mondo ha smesso di essere un campo minato ed è tornato a essere un luogo di possibili scoperte.

 

Riferimenti Bibliografici

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Debord, G. (1955). Introduction to a Critique of Urban Geography. Les Lèvres Nues, 6.  

Debord, G. (1956). Théorie de la dérive. Les Lèvres nues, 9.  

Debord, G., & Jorn, A. (1957). The Naked City.  

Herman, J. L. (1992). Trauma and Recovery: The Aftermath of Violence—From Domestic Abuse to Political Terror. Basic Books. Edizione italiana: Guarire dal trauma. Affrontare le conseguenze della violenza, dall'abuso domestico al terrorismo politico. Magi Edizioni.  

Centro Italiano di Psicotraumatologia Relazionale (CIPR). (s.d.). Approccio clinico al trauma complesso. Recuperato da https://www.associazioneitaliadipsicologiaecriminologia.it

Heller, L., & LaPierre, A. (2012). Healing Developmental Trauma: How Early Trauma Affects Self-Regulation, Self-Image, and the Capacity for Relationship. North Atlantic Books.  

Lattanzi, M. (2023). La grammatica della violenza: Manuale operativo per la valutazione del rischio secondo il modello A.S.V.S. AIPC Editore.

Lattanzi, M., & Calzone, T. (2024). Il profilo bimodale della vittima e il profilo monolitico dell'autore: Analisi dei dati ONOF 2023. AIPC Editore.

Liotti, G. (2001). Le opere della coscienza. Psicopatologia e psicoterapia nella prospettiva cognitivo-evoluzionista. Raffaello Cortina Editore.  

Liotti, G., & Farina, B. (2011). Sviluppi traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa. Raffaello Cortina Editore.  

Main, M., & Hesse, E. (1990). Parents' unresolved traumatic experiences are related to infant disorganized attachment status: Is frightened and/or frightening parental behavior the linking mechanism? In M. T. Greenberg, D. Cicchetti, & E. M. Cummings (Eds.), Attachment in the preschool years: Theory, research, and intervention (pp. 161–182). University of Chicago Press.  

Main, M., & Solomon, J. (1990). Procedures for identifying infants as disorganized/disoriented during the Ainsworth Strange Situation. In M. T. Greenberg, D. Cicchetti, & E. M. Cummings (Eds.), Attachment in the preschool years: Theory, research, and intervention (pp. 121–160). University of Chicago Press.  

Ogden, P., Minton, K., & Pain, C. (2006). Trauma and the Body: A Sensorimotor Approach to Psychotherapy. W. W. Norton & Company.  

Ogden, P., & Fisher, J. (2015). Sensorimotor Psychotherapy: Interventions for Trauma and Attachment. W. W. Norton & Company.  

Porges, S. W. (2011). The Polyvagal Theory: Neurophysiological Foundations of Emotions, Attachment, Communication, and Self-regulation. W. W. Norton & Company. Edizione italiana: La teoria polivagale. Fondamenti neurofisiologici delle emozioni, dell'attaccamento, della comunicazione e dell'autoregolazione. Giovanni Fioriti Editore.  

Schore, A. N. (2001). The effects of a secure attachment relationship on right brain development, affect regulation, and infant mental health. Infant Mental Health Journal, 22(1-2), 7–66.  

Schore, A. N. (2003). Affect Dysregulation and Disorders of the Self. W. W. Norton & Company.  

Siegel, D. J. (2008). La mente relazionale. Neurobiologia dell'esperienza interpersonale. Raffaello Cortina Editore.  

van der Kolk, B. A. (2014). The Body Keeps the Score: Brain, Mind, and Body in the Healing of Trauma. Viking. Edizione italiana (a cura di M. S. Patti & A. Vassalli): Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e cervello nell'elaborazione delle memorie traumatiche. Raffaello Cortina Editore, 2015.  

 

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