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A cura dell'Osservatorio Nazionale Omicidi Familiari (ONOF), in collaborazione con l'Associazione Italiana di Psicologia e Criminologia (AIPC) e il Centro Italiano di Psicotraumatologia Relazionale (CIPR).
Abstract
Il presente studio analizza l'uso della pellicola trasparente nei casi di femminicidio, superando la lettura cronachistica per adottare una prospettiva psico-traumatologica. Basandosi sul quadro teorico sviluppato dal Centro Italiano di Psicotraumatologia Relazionale (CIPR), dall'Associazione Italiana di Psicologia e Criminologia (AIPC) e dai lavori del Dott. Massimo Lattanzi e della Dott.ssa Tiziana Calzone, l'articolo esamina, attraverso un'analisi qualitativa di casi emblematici, come questo specifico modus operandi non sia casuale ma una "firma" psicologica. Si evidenzia una duplice funzione della pellicola: come arma letale per il soffocamento (annientamento della voce e della vita) e come strumento post-mortem di occultamento (oggettivazione e cancellazione dell'identità). L'analisi conclude che tale atto rappresenta il culmine di una "matrice traumatica" relazionale, in cui l'autore mira alla deumanizzazione totale e al controllo definitivo sulla vittima.
Abstract
Shrouded in silence: A Psycho-traumatological analysis of femicide with plastic wrap.
This study analyzes the use of plastic wrap in femicide cases, moving beyond a mere chronicle of events to adopt a psycho-traumatological perspective. Grounded in the theoretical framework developed by the Italian Center for Relational Psycho-traumatology (CIPR), the Italian Association of Psychology and Criminology (AIPC), and the work of Dr. Massimo Lattanzi and Dr. Tiziana Calzone, the article employs a qualitative analysis of emblematic cases to investigate how this specific modus operandi serves as a psychological "signature." A dual function of the plastic wrap is highlighted: as a lethal weapon for suffocation (annihilation of voice and life) and as a post-mortem tool for concealment (objectification and erasure of identity). The analysis concludes that this act represents the culmination of a relational "traumatic matrix," wherein the perpetrator aims for the complete dehumanization and ultimate control over the victim.
1. Introduzione: oltre il dato di cronaca
L'analisi criminologica degli omicidi rivela come il modus operandi dell'autore non sia mai casuale, ma rappresenti una proiezione del suo mondo interiore, delle sue fantasie e delle sue motivazioni più profonde. In questo contesto, l'impiego della pellicola trasparente in contesti omicidiari, in particolare nei femminicidi, trascende la mera funzionalità pratica. Esso si configura come una "firma" che agisce su un doppio livello: pratico, per soffocare, contenere o occultare il corpo della vittima, e simbolico, per attuare una definitiva cancellazione della sua identità, un'oggettivazione estrema e l'annientamento della sua voce.
Il presente report adotta la lente della psicotraumatologia relazionale per esaminare questo specifico fenomeno. Tale paradigma, sostenuto dall'Associazione Italiana di Psicologia e Criminologia (AIPC), dal Centro Italiano di Psicotraumatologia Relazionale (CIPR) e dai lavori del Dott. Massimo Lattanzi e della Dott.ssa Tiziana Calzone, individua nelle dinamiche relazionali disfunzionali e nei traumi irrisolti il "terreno fertile per la catastrofe". Questo approccio consente di superare una lettura puramente evenemenziale del crimine per indagarne la "matrice traumatica", ovvero le radici psicologiche profonde che conducono all'agito violento.
È fondamentale chiarire una limitazione intrinseca di questa analisi, come evidenziato dai dati dell'Osservatorio Nazionale Omicidi Familiari (ONOF): non esistono database statistici, né nazionali né internazionali, che censiscono sistematicamente gli omicidi in base a questo specifico modus operandi. Il report si basa, quindi, su un'analisi qualitativa approfondita di casi emblematici, utilizzati come studi esemplari per decodificare la complessa grammatica psicologica di questi delitti.
2. Analisi fenomenologica: la duplice funzione della pellicola
L'analisi di casi specifici, sia italiani che internazionali, permette di identificare due pattern ricorrenti che definiscono la duplice funzione, pratica e simbolica, della pellicola trasparente.
2.1. Funzione di annientamento: soffocare la voce e la vita
In alcuni casi, la pellicola è l'arma stessa del delitto. La morte per "asfissia meccanica esterna" tramite questo strumento è un atto intimo e brutale.
Caso studio: Tina Sgarbini (Italia) - Uccisa dall'ex compagno, Christian Persico. L'ipotesi investigativa principale è che la pellicola per alimenti sia stata usata per soffocarla. Questo atto non solo toglie il respiro, ma simbolicamente zittisce la vittima in modo definitivo, impedendole di urlare e di esprimere il suo dissenso finale. È l'annientamento della sua soggettività nel momento stesso dell'omicidio.
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2.2. Funzione di oggettivazione: imballare e cancellare l'identità
Più frequentemente, la pellicola è utilizzata post-mortem. Questo gesto, lungi dall'essere puramente logistico, rappresenta il culmine del processo di deumanizzazione.
Caso studio: Giulia Tramontano (Italia) - Uccisa dal compagno Alessandro Impagnatiello, il suo corpo è stato avvolto nella pellicola dopo il delitto per gestirne l'occultamento. Questo atto trasforma la vittima, una donna incinta, in un "pacco", un oggetto da nascondere. È l'ultimo stadio di una dinamica relazionale basata sulla manipolazione e sul controllo, in cui la persona è ridotta a un problema da eliminare fisicamente e simbolicamente.
Casi internazionali (Sherron Turner e Lola Karabaeva, USA) - Entrambe le vittime sono state uccise dai rispettivi partner e i loro corpi ritrovati avvolti in plastica. Questi casi confermano il pattern internazionale: l'uso della pellicola è intrinsecamente legato alla violenza intima. Il corpo viene "imballato" come un qualsiasi oggetto inanimato, un atto che nega la sua umanità e ne facilita la gestione come mera "cosa".
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3. Discussione: la matrice psico-traumatologica dell'atto
Secondo il modello del CIPR e dell'AIPC, questi atti non possono essere compresi senza analizzare la matrice traumatica dell'autore. L'uso della pellicola trasparente è la materializzazione di un processo psicologico specifico:
Controllo totale: L'atto di avvolgere il corpo è l'espressione massima del controllo. Il corpo, che in vita si è sottratto a tale controllo (ad esempio, decidendo di interrompere la relazione), viene infine sottomesso completamente, immobilizzato e contenuto.
Deumanizzazione e oggettivazione: Avvolgere una persona nella plastica è un atto che si riserva agli oggetti. Questo gesto completa un processo di deumanizzazione già attivo a livello psicologico durante la relazione. La vittima cessa di essere "tu" per diventare "esso", un oggetto privo di valore e identità, la cui esistenza può essere cancellata.
Cancellazione simbolica: La pellicola, spesso trasparente, crea una barriera fisica e simbolica. Separa il mondo dei vivi da quello del morto, ma allo stesso tempo "sigilla" la vittima nel suo stato, quasi a preservarla come un trofeo macabro. È un atto di cancellazione che mira a negare la storia, il volto e la dignità della persona uccisa.
Questo modus operandi riflette una profonda incapacità dell'autore di tollerare la frustrazione, l'abbandono e l'autonomia dell'altro. L'omicidio diventa l'unica soluzione percepita per risolvere un conflitto relazionale intollerabile, e l'occultamento con la pellicola è l'atto finale che sancisce la vittoria del proprio Io narcisistico sulla realtà dell'altro.
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4. Conclusione
L'analisi dell'uso della pellicola trasparente nel femminicidio, attraverso la lente della psicotraumatologia relazionale, rivela che questo modus operandi è una firma criminologica di straordinaria potenza simbolica. Esso non risponde solo a un'esigenza pratica di soffocamento o occultamento, ma rappresenta l'atto finale di un processo di annientamento e oggettivazione radicato in dinamiche relazionali traumatiche.
Comprendere la grammatica psicologica di questi gesti è fondamentale per il lavoro di prevenzione e analisi svolto da organizzazioni come ONOF, AIPC e CIPR. Superare la cronaca significa entrare nella mente dell'autore e nella storia della relazione, riconoscendo come la violenza fisica sia quasi sempre l'esito catastrofico di una violenza psicologica che ha già, molto prima, "avvolto nel silenzio" la soggettività e la dignità della vittima.
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