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Il concetto di "pick-me girl", reso popolare da narrazioni contemporanee come la serie "Pernille", offre uno spaccato interessante sulle dinamiche relazionali e le vulnerabilità psicologiche che possono emergere in contesti sociali competitivi. Sebbene non sia un costrutto clinico formale, la sua analisi attraverso la lente della psicotraumatologia relazionale e il modello proposto dal Centro Italiano di Psicotraumatologia Relazionale (CIPR) può illuminare le radici profonde di comportamenti volti a ottenere validazione esterna, spesso a scapito dell'autenticità e della stabilità emotiva.
La psicotraumatologia relazionale si concentra sull'impatto dei traumi che avvengono all'interno di relazioni significative, in particolare quelle primarie. Eventi come l'abbandono emotivo, la trascuratezza, la svalutazione cronica o dinamiche familiari disfunzionali possono minare lo sviluppo di un senso di sé coeso e sicuro (Liotti & Farina, 2011; Schore, 2003). In tali contesti, l'individuo può sviluppare strategie di attaccamento insicuro – ansioso-ambivalente o evitante – che si manifestano poi nelle relazioni adulte (Bowlby, 1969; Ainsworth et al., 1978).
Il comportamento della "pick-me girl" – caratterizzato dal tentativo di distinguersi agli occhi maschili svalutando le altre donne o esibendo tratti stereotipicamente "non femminili" per apparire più desiderabile – può essere interpretato come una strategia di coping disfunzionale derivante da queste ferite relazionali. La ricerca incessante di attenzione e validazione, spesso attraverso la denigrazione di altre, può riflettere un bisogno profondo di essere "scelta" e riconosciuta, colmando un vuoto affettivo o una carenza di autostima originatasi in contesti relazionali primari dove il valore personale non è stato sufficientemente riconosciuto.
Il CIPR, nel suo approccio integrato, sottolinea come i traumi relazionali non siano solo eventi isolati, ma schemi interattivi ripetuti che plasmano le strutture mentali e affettive dell'individuo (CIPR, s.d.). La "pick-me girl" potrebbe quindi essere vista come l'espressione di un modello operativo interno (Bowlby, 1969) in cui il valore personale è intrinsecamente legato all'approvazione esterna, in particolare quella maschile. La competizione con altre donne, anziché una solidarietà basata su un'identità femminile coesa, diventa una manifestazione di questa insicurezza di fondo e della difficoltà a stabilire relazioni paritarie e sicure.
Storie e Lettura Psicotraumatologica Relazionale
Ecco quattro storie che illustrano come il concetto di "pick-me girl" possa essere letto attraverso la lente della psicotraumatologia relazionale, ispirate alla serie "Pernille" e all'approccio del CIPR.
Storia 1: La Ricerca dell'Eccezionalità
Sara, fin da bambina, ha vissuto in un ambiente familiare dove il padre, assente emotivamente, elogiava solo i successi straordinari, mentre la madre, iper-critica, svalutava costantemente le sue aspirazioni. Sara ha imparato che per ricevere anche un briciolo di attenzione positiva, doveva essere "diversa" e "migliore" delle altre. Crescendo, nelle relazioni con i pari, ha iniziato a sottolineare quanto fosse "unica" rispetto alle sue amiche, spesso minimizzando i loro interessi o successi per risaltare. Se un ragazzo mostrava interesse per un'altra, Sara si intrometteva con aneddoti sulla sua presunta "diversità" o sulle sue "qualità superiori" che le altre non possedevano. La sua condotta di "pick-me girl" è una strategia di sopravvivenza relazionale appresa, un tentativo disperato di replicare la scarsa e condizionata approvazione paterna e di sfuggire alla critica materna, proiettando all'esterno il suo attaccamento ansioso-ambivalente e la sua convinzione interna di non essere sufficientemente amabile per come è. Il CIPR leggerebbe la sua storia come un esempio di come la trascuratezza emotiva e la svalutazione cronica creino una ferita narcisistica che porta alla ricerca compulsiva di validazione esterna, in particolare attraverso la competizione con altre figure femminili.
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Storia 2: L'Alleanza con il "Potere Maschile"
Giulia è cresciuta in una famiglia dove la madre era percepita come debole e sottomessa, mentre il padre era la figura dominante e autoritaria. Giulia ha imparato che l'unico modo per essere al sicuro e ottenere protezione era allinearsi al "potere maschile", spesso a discapito delle figure femminili. Nelle sue relazioni, Giulia tendeva a svalutare apertamente le donne che percepiva come "troppo emotive" o "troppo femminili", cercando di ingraziarsi gli uomini con commenti come "io non sono come le altre ragazze, sono più razionale". Questo comportamento, tipico di una "pick-me girl", è una manifestazione del suo attaccamento evitante, dove ha imparato a sopprimere le proprie vulnerabilità e a disconnettersi dalla solidarietà femminile per percepire sicurezza. Il trauma relazionale in questo caso non è un evento singolo, ma uno schema di attaccamento insicuro in cui la figura femminile è stata associata a debolezza e la figura maschile a forza e sicurezza, portando a una internalizzazione della misoginia. Il CIPR analizzerebbe come Giulia abbia sviluppato una strategia difensiva di dissociazione dalla propria identità femminile per aderire a un modello di potere relazionale che le garantisse protezione, seppur a costo della sua autenticità e delle sue relazioni con altre donne.
Storia 3: La Necessità di Essere "Scelta"
Camilla ha vissuto il divorzio dei genitori in tenera età, con un padre che è scomparso dalla sua vita e una madre che, sopraffatta, faticava a darle la giusta attenzione emotiva. Camilla ha sviluppato un profondo bisogno di essere "scelta" e non abbandonata. Nelle sue relazioni adulte, questo si traduceva in una costante ricerca di un partner che la "salvasse" dalla sua insicurezza. Era spesso la prima a svalutare le altre donne per mettersi in mostra, dicendo cose come "io non sono così superficiale come le altre" o "io capisco veramente gli uomini". Questo comportamento da "pick-me girl" riflette un trauma da abbandono e una ferita da attaccamento, dove il bisogno di essere scelta diventa primario rispetto all'autenticità. La sua compulsione a competere con altre donne per l'attenzione maschile è un tentativo di prevenire un nuovo abbandono, un tentativo di assicurarsi un posto che le è stato negato nell'infanzia. Il CIPR sottolineerebbe come la paura dell'abbandono e la mancanza di una figura di attaccamento sicura abbiano plasmato un modello operativo interno in cui il valore personale dipende dall'essere "scelta" e mantenuta, portando a dinamiche relazionali disfunzionali e alla svalutazione delle potenziali rivali.
Storia 4: La Ribellione Contro la Pressione Sociale
Federica è cresciuta in un ambiente femminile molto competitivo, dove l'apparenza e la conformità a certi stereotipi erano considerate fondamentali. Stanca di sentirsi giudicata e inadeguata, ha iniziato a ribellarsi, esprimendo apertamente un disprezzo per ciò che considerava "femminile" o "superficiale". Questa ribellione, sebbene inizialmente potesse sembrare autentica, è degenerata in un comportamento da "pick-me girl", dove svalutava attivamente altre donne per distinguersi e sentirsi "speciale" agli occhi degli uomini. Sebbene la sua motivazione iniziale fosse la frustrazione per le pressioni sociali, la sua strategia è diventata una forma di auto-sabotaggio relazionale, che le impediva di formare legami significativi con altre donne e la intrappolava in una dinamica di ricerca di validazione esterna. Il trauma relazionale in questo caso non è un evento singolo, ma una serie di micro-traumi derivanti dalla pressione sociale e dalla mancanza di autenticità nel gruppo di pari femminile. Il CIPR vedrebbe questo come un esempio di come la frustrazione e la rabbia repressa possano trasformarsi in un comportamento autodistruttivo e relazionalmente disfunzionale, dove la ricerca di un'identità attraverso la negazione dell'altro diventa una forma di trauma secondario.
Conclusioni
Le storie appena descritte evidenziano come il fenomeno della "pick-me girl" non sia semplicemente una questione di "personalità" o "scelta", ma possa essere profondamente radicato in esperienze di psicotraumatologia relazionale. L'approccio del Centro Italiano di Psicotraumatologia Relazionale offre una cornice preziosa per comprendere le vulnerabilità sottostanti che portano a tali comportamenti, sottolineando l'importanza di affrontare le ferite di attaccamento e i modelli operativi interni disfunzionali. Riconoscere queste dinamiche non significa giustificare la denigrazione altrui, ma piuttosto comprenderne le origini per facilitare percorsi di guarigione che promuovano un senso di sé autentico e relazioni interpersonali più sane e supportive.
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Riferimenti Bibliografici
Ainsworth, M. D. S., Blehar, M. C., Waters, E., & Wall, S. (1978). Patterns of attachment: A psychological study of the strange situation. Lawrence Erlbaum Associates.
Bowlby, J. (1969). Attachment and Loss, Vol. 1: Attachment. Attachment and Loss. New York: Basic Books.
Centro Italiano di Psicotraumatologia Relazionale (CIPR). Il Modello del CIPR. Recuperato da www.associazioneitalianadipsicologiaecriminologia.it
Liotti, G., & Farina, B. (2011). Sviluppi traumatici: Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa. Raffaello Cortina Editore.
Schore, A. N. (2003). Affect Regulation and the Repair of the Self. W. W. Norton & Company.